Contratto di appalto e danni a terzi
arrecati a terzi? Normalmente no: in un contratto di appalto è l’appaltatore ad assumersi tale rischio. Ma attenzione: esistono situazioni che delineano una corresponsabilità del committente. Si configura contratto di appalto qualora una parte assuma con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio il compimento di un’opera o di un servizio dietro corrispettivo: l’elemento caratterizzante, pertanto, attiene all’organizzazione a cui è demandata l’esecuzione dell’opera che viene commissionata, la quale deve essere realizzata da una media o grande impresa. Ne discende una puntuale definizione delle vicendevoli responsabilità tra le parti che riguardano sia il rapporto reciproco, con riferimento all’adempimento delle obbligazioni assunte, sia la tutela dei terzi che potrebbero essere coinvolti in ambito risarcitorio, ai quali per esempio potrebbero derivare dei danni dall’esecuzione dell’opera. Il principio dell’autonomia dell’appaltatore, “il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione e apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità e obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che di regola egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivanti a terzi dall’esecuzione dell’opera” (Cass. III, 1 giugno 2006 n.13131). La formalizzazione di un contratto di appalto potrebbe, quindi, indurre erroneamente il committente a ritenere di essere aprioristicamente escluso dalle responsabilità per gli eventuali danni arrecati a soggetti terzi nel corso dell’esecuzione delle opere appaltate: dalla esecuzione delle attività finalizzate alla realizzazione dell’opera dall’appaltatore, deriverebbe pertanto una consequenziale estraneità del committente rispetto a tutte le criticità connesse e sopravvenute temporalmente alla formalizzazione del relativo rapporto contrattuale.Corresponsabilità del committente
Innumerevole giurisprudenza sul tema ha a più riprese argomentato a favore di una ulteriore e più sottile specificazione, laddove invece sussista inderogabilmente una corresponsabilità delle parti rispetto ai danni cagionati ai terzi nella esecuzione delle opere, ovvero nel caso in cui ci sia una ineludibile riferibilità dell’evento al committente per avere coinvolto un appaltatore assolutamente inidoneo, o quando quest’ultimo abbia agito come mero esecutore (il cosiddetto nudus minister) seguendo le specifiche indicazioni del committente, senza alcuna autonomia rispetto alle modalità di organizzazione e di esecuzione dell’opera. Se è pur vero che l’appalto presuppone un’organizzazione a carattere di impresa è altrettanto vero che “l’indipendenza dell’appaltatore non potrà mai spingersi sino a vietare il controllo e la vigilanza sui lavori”, anche per verificare che l’opera si compia come pattuito (Cass. I, 25 maggio 1956 n. 1791). Anzi, proprio la natura dell’opera può determinare la responsabilità del committente che diventa responsabile e corresponsabile (Cass. III, 1 giugno 1968 n. 1634). Si tratta in questo caso della natura pregiudizievole di un progetto e anche della concreta modalità di esecuzione del contratto di appalto “focalizzando gli effetti delle ingerenze del committente anche attraverso la nomina di un direttore dei lavori, fino a rientrare con maggior consapevolezza nello svuotamento della figura dell’appaltatore spostando tutto il peso della bilancia in termini di responsabilità verso terzi sul piatto del committente” (Cass III, 17 marzo 2021 n. 7553).
Queste conseguenze, che si ripercuotono sul regime delle responsabilità, sono quindi direttamente riconducibili a un momento nettamente antecedente, ossia alla fase genetica del contratto e poi in un secondo momento alle modalità di esecuzione dello stesso, che riflettono tuttavia le scelte pattuite nell’atto negoziale.
Una prudente gestione dei propri interessi indurrebbe sempre pertanto, e inderogabilmente, il committente ad orientare la propria scelta dell’impresa alla quale affidare l’esecuzione di opere manutentive utilizzando parametri non meramente ancorati all’ aspetto economico, e più in generale al risparmio sui costi: in sostanza, è assolutamente censurabile improntare le proprie scelte sul semplicistico criterio del prezzo più basso.
Selezionare un appaltatore adeguato
I criteri ai quali improntare una decisione oculata non possono che consistere in una valutazione dei possibili rischi da prevenire o quantomeno mitigare attraverso, per esempio, una valutazione sulle caratteristiche dell’impresa, e sulla struttura della stessa, non disgiunta da una preliminare verifica delle garanzie collaterali offerte dall’appaltatore (per esempio in ambito assicurativo). In tal senso, una polizza assicurativa come la “Polizza Assicurazione Impresa Edile” offerta da DAS può garantire una copertura completa per proteggere sia l’impresa che il committente da eventuali danni a terzi. Sarà ben difficile imputare responsabilità ad un committente per danni arrecati a terzi dall’appaltatore allorquando le opere siano state affidate a soggetti in possesso delle necessarie capacità tecniche ed organizzative mentre, al contempo, per i danni arrecati a terzi da parte di un’impresa che abbia assunto il ruolo di mero esecutore degli ordini del committente sussiste il concreto rischio di un suo integrale coinvolgimento nei conseguenti aspetti risarcitori.
La fase genetica del rapporto rappresenta, come sempre, il perimetro all’interno del quale descrivere compiutamente gli aspetti tutti che condizioneranno nel bene e nel male lo svolgimento del contratto.
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, 17 Marzo 2021 n. 7553, mediante una estesa motivazione nella quale ripercorre la giurisprudenza più incisiva a rilevante sul punto, da luogo ad un importante riferimento in tema di ripartizione della responsabilità tra committente e appaltatore nelle ipotesi di danni arrecati ai terzi: si è benvero sottolineato come nel corso del tempo la giurisprudenza abbia dato grande rilievo all’ autonomia dell’appaltatore finendo per neutralizzare l’incidenza dell’art. 2051 del Codice civile., ossia la responsabilità per cose in custodia, che potrebbe essere un ulteriore profilo di responsabilità del committente.
Volendo semplificare è possibile sostenere che il soggetto che appalta l’opera rispetto all’appaltatore è un committente, ma rispetto al terzo è un custode.
Infatti, il committente, che ne sia proprietario o possessore, è e resta custode del bene. “Lo stesso resta certamente nel possesso, e anche nella giuridica detenzione, del bene oggetto dell’appalto e ne può disporre sia giuridicamente che materialmente, conservando sempre il potere di impartire direttive all’appaltatore in merito alle opere da eseguire e alle modificazioni da apportare. Non si può pertanto consentire al custode di liberarsi della sua posizione di garanzia semplicemente trasferendo tale posizione in capo a un terzo, così finendo per eludere l’effettiva funzione della disciplina della responsabilità per i danni causati dalle cose. Di cui invece ai sensi del 2051 cod. civ. il custode è sgravato soltanto se sussiste caso fortuito e se – nella eludibile traduzione processuale della regola sostanziale – questo è provato dal custode stesso” (Cass. III, 17 marzo 2021 n. 7553).
Si ravvisa ancora di più, pertanto, l’importanza per il committente di operare una giusta scelta dell’impresa a cui affidarsi. A tal proposito, strumenti assicurativi come la “Polizza Assicurazione Azienda” di DAS possono fornire ulteriori tutele per garantire che il committente sia adeguatamente protetto da responsabilità per danni a terzi che potrebbero sorgere durante l’esecuzione del contratto di appalto.
La normativa codicistica in materia di appalto tratteggia uno scenario che impone all’appaltatore di realizzare il manufatto (o le opere) a regola d’arte per dare seguito agli impegni contrattuali assunti e, soprattutto, per evitare possibili eventi dannosi: tanto determina una diretta responsabilità dell’appaltatore per i danni patiti dai terzi in conseguenza delle attività poste in essere.
Il pacifico principio innanzi scolpito (e cioè è l’appaltatore che risponde dei danni ai terzi) patisce eccezioni (sul punto, innumerevole giurisprudenza…):
- intrusione gestionale del committente nella fase esecutiva del contratto;
- palese inadeguatezza organizzativa e gestionale dell’impresa;
- disinteresse assoluto del committente al contratto.
In sostanza, scegliere un’impresa con caratteristiche organizzative adeguate e delegare al controllo della fase esecutiva un capace tecnico evita di rimanere invischiati in un nefasto procedimento nel quale il giudice potrebbe teoricamente contestare al committente tanto un disinteresse alle attività svolte quanto una eccessiva ingerenza nell’esecuzione delle stesse: un contesto quasi kafkiano nel quale qualunque sia la scelta adottata espone al concreto rischio di soccombere alle pretese dei terzi.
È del tutto evidente che, nei rapporti interni con l’appaltatore, vale pur sempre il meccanismo della rivalsa che consente di scaricare sullo stesso la condanna patita nei confronti del terzo, ma, in ogni caso, l’odierna assoluta imprevedibilità di un giudizio (sia in termini temporali sia per quanto concerne l’oggettiva prevedibilità di un determinato esito del processo) impone tutele preventiva che sono quantomai impellenti nella odierna fibrillazione conseguente alla tematica eco-sisma bonus che, complice una fuorviante aspettativa ingenerata da messaggi contraddittori, ha consentito di far irrompere sul mercato operatori di ogni tipo.
La corsa all’accaparramento di contratti da parte di operatori di dubbia competenza con i potenziali committenti “ingolositi “dal fantomatico miraggio dei lavori a costo zero induce a ponderare con un sano approccio pragmatico l’individuazione del soggetto da delegare alla esecuzione di opere per le quali, rammentiamolo sempre, il privato in sostanza paga l’appaltatore con soldi pubblici.
Il contesto, pertanto, si è adattato alle esigenze dei grandi operatori del settore (anche finanziario) che, assurti a protagonisti del mercato quali general contractor, hanno poi delegato alle singole imprese l’esecuzione delle opere appaltate con l’indubbio vantaggio, per i committenti, di relazionarsi contrattualmente con operatori di sicura solvibilità ed affidabilità: un meccanismo che ha però di fatto degradato il tessuto delle piccole e medie imprese del settore edilizio a mero subappaltatore dei general contractor.